Il ruolo della paura nel lavoro in team

Aggressività, controllo, sospetto e difesa del territorio: la paura spesso ha un ruolo importante nelle dinamiche di relazione sul lavoro

Nel giro di alcuni giorni, mi è capitato che ben due amiche mi chiedessero un consiglio su una situazione difficile sul lavoro. In entrambi i casi si trattava di un problema con un collega o una collaboratrice.

Le due si trovavano in posizioni differenti: in un caso di parità all’interno dell’organizzazione, nell’altro in una relazione titolare-dipendente. In entrambi i casi ho colto una costante: il ruolo della paura nel comportamento di queste persone.

Che cosa ho notato esattamente?

Noi generalmente vediamo il sintomo: un collega che indaga su di noi facendoci un sacco di domande e ci guarda dall’alto in basso, una collaboratrice che tratta male i colleghi o reagisce aggressivamente; un collega che ci tiene a distanza e ci fa capire che non ha nessuna intenzione di condividere con noi i privilegi che si è guadagnato negli anni, una collaboratrice che vuole fare le cose a modo suo e non è disposta a negoziare con il team.

Dietro comportamenti aggressivi, di sospetto e di difesa solitamente si nasconde la paura.

Queste sono situazioni frequenti negli ambienti di lavoro. Io stesso mi ricordo di episodi simili nel corso della mia carriera.

In particolare, mi viene in mente quando fui inserito come figura professionale nuova in un servizio pubblico di salute mentale, insieme ad un’altra collega. Chi gestiva il servizio da anni, pur non essendone la responsabile, ci accolse così: «Voi cosa venite qui a fare? Sinceramente, noi non abbiamo bisogno di voi. Non so perché vi abbiano mandati qui».

Se non altro fu così trasparente e sincera da non essere per nulla fraintesa!

Quello che non mi era chiaro inizialmente – e che capii solo successivamente – era il tema che stava sotto al sospetto che lei aveva manifestato nei nostri confronti. In prima battuta, potrebbe sembrare che l’argomento sia quello del potere: e in un certo senso lo era.

Ma dietro al potere e al bisogno di dominare il territorio c’era qualcos’altro.

Sospetto, potere, controllo

Semplicemente la paura: la paura di perdere il controllo perché avrebbe comportato la perdita di privilegi e vantaggi o la libertà di gestire le cose a modo proprio senza la scocciatura di discuterne con altri, specie se sono gli ultimi arrivati.

La paura che qualcuno sia stato mandato di proposito a controllare quello che fai sul lavoro, specie se non corre buon sangue tra te e la direzione, oppure semplicemente la paura di dover cambiare abitudini perché un modello di lavoro viene messo in discussione.

L’anno e mezzo che ne è seguito non è stato per nulla facile per me e per la mia collega, anche se nel frattempo cambiavano le geometrie e le alleanze a vari livelli, e di conseguenza anche la possibilità di portare piccole innovazioni al servizio.

La paura di perdere il controllo su un pezzo di “territorio” può inizialmente rendere difficili i rapporti nel team.

Tornando alle due amiche cui accennavo sopra, dicevo che avevo riconosciuto la paura come una costante delle loro storie: una piuttosto recente – e simile a quella che mi ha visto protagonista -, l’altra direi quasi cronicizzata.

Nel loro racconto emergevano le figure di un collega e una collaboratrice apparentemente dominanti, ma in realtà estremamente fragili: così fragili da manifestare comportamenti di sospetto e di controllo, in un caso, e di aggressività e intrattabilità, nell’altro.

Nel secondo caso, ebbi anche modo di vedere con i miei occhi questa paura, incontrando, anche se per pochi minuti, la persona in questione.

Come affrontare la paura inconsapevole?

Il problema più grande nelle relazioni lavorative è la mancanza di consapevolezza. Quando non siamo consapevoli dei nostri pensieri e delle nostre emozioni, e non accettiamo di guardarci dentro e di osservarci a fondo, il cambiamento risulta difficile.

D’altra parte, la consapevolezza è per tutti noi il lavoro di una vita: va coltivata e allenata continuamente. È il risultato di una buona pratica e di una buona abitudine che non nascono certamente da sole. E che possono iniziare solo da noi stessi (non dagli altri).

Che fare con un collega o una collaboratrice che ci vedono (o sentono) continuamente come una minaccia o che si sentono minacciati a prescindere?

La paura come meccanismo adattivo, cioè come sistema che ci protegge da minacce e pericoli reali ed imminenti, è qualcosa di utile alla sopravvivenza degli esseri umani e degli animali.

Ci sono paure reali e altre alimentate dalla nostra mente che poi si manifestano come ansia e nervosismo.

Tuttavia ci rendiamo conto di come la paura sia divantata un sottofondo in tutta la nostra vita, e si manifesti ad esempio come ansia.

Qui non è più la nostra sopravvivenza in gioco, quanto piuttosto la difesa del nostro ego che – quando sente la minaccia di diventare insignificante – si aggrappa disperatamente a qualsiasi cosa per rimanere al centro del mondo, per rimanere vivo.

Dov’è in questo caso la questione di vita o di morte? Sicuramente non è qualcosa di reale, ma fa comunque parte del nostro mondo mentale.

La mente, quando non è impegnata seriamente e in modo funzionale a risolvere problemi, a pianificare o ad escogitare soluzioni utili, finisce con l’essere più un ingombro che uno strumento di lavoro.

Crea problemi più che risolverne!

Che fare con colleghi che ci vedono come una minaccia?

Ho deciso di scrivere di questo argomento perché penso che possa riguardarti da vicino. Ti sarà capitato di avere questo tipo di colleghi o di collaboratori, oppure di sentirti in una situazione di fragilità e vulnerabilità sul lavoro con la necessità di proteggerti.

Come hai affrontato queste situazioni?

Vorrei darti qualche consiglio nel caso in cui siano altri a sentirsi minacciati, sebbene non vi sia alcuna evidenza reale che vuoi prendere il loro posto, togliere loro qualche privilegio oppure entrare in conflitto con loro.

Anzitutto, occorre chiarire che non si tratta per nulla di una situazione facile: per questo i miei consigli sono solo indicazioni di massima che vanno poi adattate al caso.

Per prima cosa, è importante coltivare la relazione con queste persone e metterci un po’ di impegno perché i frutti non saranno immediati: questo collega o questa collaboratrice hanno bisogno di capire se e come fidarsi di noi.

In secondo luogo, è utile essere molto trasparenti e sinceri mettendo in evidenza con le parole la propria intenzione di esserlo sempre.

Questa trasparenza è possibile solo se abbiamo una grande consapevolezza delle nostre paure in modo da essere in grado di riconoscere anche quelle dell’altra persona e, in un certo senso, di prevenirle: riusciamo a parlare al cuore (e non alla mente che si difende) di un’altra persona solo se siamo connessi al nostro proprio cuore.

Che cosa ci fa più paura? Come abbiamo affrontato le nostre paure? Che strumenti abbiamo per tenerle a bada? Quello che facciamo per noi stessi può essere utile anche nella relazione con gli altri.

Essere consapevoli è più importante di essere strategici per affrontare la paura nelle relazioni.

Se anche noi abbiamo paura di perdere il controllo sul team, di essere destituiti da un ruolo di potere, di mostrarci vulnerabili e fragili, di pensare che lui e lei possano portarci via qualcosa di importante, entreremo necessariamente in conflitto con questa persona.

Agire strategicamente è fondamentale in queste occasioni, ma ancora di più essere consapevoli.

Se non abbiamo chiaro cosa si muove dentro di noi in relazione al tema della paura, del potere, del controllo, del conflitto, ecc. difficilmente potremmo occuparci del collega o della collaboratrice che vogliono controllarci (o difendersi da noi) per controllare le loro paure.

La regola d’oro è quindi: partire da noi stessi. E chiederci: posso fare qualcosa per cambiare questa situazione o relazione?

Partire da se stessi è sempre una buona idea e a volte è l’unica strada percorribile: cosa posso fare affinché questo collega o questa collaboratrice possano fidarsi di me e abbandonare il pensiero ossessivo che io rappresenti una minaccia per loro?

Quando non sono in potere di fare nulla, quantomeno posso cambiare me stesso ed evitare che le mie paure si trasformino in controllo, sospetto, aggressività e conflitto. Praticare questa consapevolezza è un primo passo per costruire relazioni migliori con colleghi “difficili”.

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