Sono veronese di nascita e milanese d’adozione. Classe 1975.
Vent’anni di carriera nel settore no-profit mi hanno dato solide basi sulla gestione delle relazioni umane negli ambienti di lavoro e nella vita.
La musica (ho diretto un coro e studiato percussioni), la fotografia e l’arte in generale mi hanno insegnato a guardare e sentire il mondo da prospettive differenti.
La mia storia lavorativa inizia in Tanzania nel 1999.
A Dar Es Salaam, capitale del grande stato africano situata sulla costa del mar indiano, sono arrivato con tante belle teorie in testa su come migliorare l’apprendimento e lo sviluppo di abilità di adulti e bambini con disabilità.
Ritornavo a casa con la convinzione di non sapere nulla nella pratica. Tuttavia, avevo imparato molto su me stesso, su come si sta al mondo e si interagisce con le persone in un contesto completamente estraneo.
Rientrato in Italia, iniziavo la mia attività da educatore prima, da formatore poi e infine da ricercatore sociale.
La diversità è sempre stata il trait d’union del mio lavoro: mi sono occupato prima di educazione e disabilità, poi di salute mentale, più avanti di coesione sociale e animazione territoriale, e infine di genere e sessualità. Da sempre, invece, sin da quando ero adolescente, mi sono interessato di immigrazione e di multiculturalità.
Le relazioni umane sono sempre state il terreno in cui ho allenato le mie abilità: quelle con i beneficiari, quelle con le loro famiglie, quelle con colleghi e capi, quelle con le istituzioni e tutti i cosiddetti portatori di interesse (stakeholder in inglese) coinvolti nei servizi e nei progetti a cui lavoravo.
L’inclusione sociale è l’orizzonte e il valore che mi ha da sempre motivato sul lavoro e che mi ha spinto a tirare fuori le mie risorse migliori.
Diversità, inclusione sociale e relazioni umane sono il valore che ha animato e ispirato il mio lavoro.
Un dottorato in scienze dell’educazione e della formazione continua mi ha dato gli strumenti per fare ricerca e ottenere dati affidabili sulla realtà sociale.
Un salto di qualità è avvenuto nel 2016. Il design, lo sviluppo e la gestione di progetti in un’associazione no-profit milanese mi ha introdotto a nuove sfide e mi ha permesso di esprimere tutta la mia creatività manageriale.
Creazione di campagne sociali, gestione di team, ricerca e approfondimento su temi chiave e selezione e formazione del personale.
La mia storia si è aperta con la Tanzania e fa tappa in Nepal vent’anni dopo.
Siamo nel 2019 e ritorna il desiderio di lavorare nel Sud Globale. A Kathmandu ho trascorso sei mesi e mezzo per promuovere abilità di project management in una ONG nepalese.
Il Covid-19 come a molti mi ha stravolto la vita: così a fine Marzo 2020 sono stato costretto a rientrare in Italia.
Una lezione ho imparato fra tutte: non siamo mai abbastanza pronti per l’ignoto, ma possiamo prepararci a coglierlo come occasione per crescere e cambiare.
Infatti sono convinto che l’ignoto sia il più grande alleato dell’essere umano.
Anche il buddismo mi sta insegnando molto in questo senso.
Dieci anni fa sono stato in un’azienda veronese a fare attività di team building: era la mia prima volta.
Oggi è questa la mia professione.
La creatività manageriale è l’espressione matura di un percorso che unisce competenza e umanità.
Voglio portare al mondo aziendale il mio valore e le mie competenze.
Promuovere un approccio all’impresa umanistico, in cui tutti siano soddisfatti di quello che fanno e colgano le potenzialità di lavorare in team con competenza e umanità.
Accompagnare aziende e organizzazioni a realizzare uno spirito comunitario e a lavorare creativamente per essere sempre innovative.
* Le foto che mi ritraggono sono state scattate da Caterina Ragg.